Archive for June 2013

Baby you can drive my car*


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Ho preso la patente il 12 marzo 2005, a diciotto anni e mezzo, e non ho mai veramente guidato. Ci ho provato all'inizio, poi non ce n'è stata mai occasione né necessita. Volevo riprendere e ci ero quasi riuscita, fino al giorno in cui sono uscita con mio padre e il mio ex fidanzato e ho evitato per un pelo un imbecille in motorino che voleva superarmi a sinistra quando stavo girando proprio a sinistra. Ero abbastanza pronta di riflessi da evitare qualsiasi danno a persone e/o cose, tanto che lui sfilò velocemente e niente accadde. Il mio ex-fidanzato tirò fuori quest'episodio spesso, criticando la mia guida, così ho smesso. Aveva da ridire proprio lui che amava i motori, ma non aveva la patente e io pensavo che se non si fidava di me e della mia guida perché avrei dovuto farlo io? Lui voleva che riprendessi la macchina non perché ne avessi bisogno per la mia indipendenza, ma piuttosto perché si aspettava che lo scarrozzassi ovunque. Io, inconsciamente (ma neanche tanto), non avevo la giusta motivazione fino a.

Venerdì mi sono "masterizzata", sabato ho impacchettato le ultime valigie e fatto un lungo viaggio  di ritorno a casa con una persona consapevole dell'importanza di quel viaggio e di quanto ci tenessi  a non farlo da sola, anche se non avevo chiesto niente. 

Ieri mi sono rimessa alla guida e so di essere una persona diversa. L'ho fatto per me e non mi interessa se qualcuno mi rinfaccia un errore compiuto in un giro di prova. Mi fido abbastanza di me e anche se ancora sono rigida e ho un po' di (sana) ansia, anche oggi ho guidato come mai in questi anni. Ho visto portare la macchina a degli incapaci, a delle persone di ottanta anni, possibile che io che ho vissuto in terra straniera, ho fatto un master in inglese e sessanta esami debba spaventarmi per una macchina? No, la mia indipendenza mi è costata fatica, ci tengo a tenermela stretta, non finisce qui.


*The Beatles

"Non smetteremo di esplorare...


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...alla fine di tutto il nostro andare, ritorneremo al punto di partenza, per conoscerlo per la prima volta. (Thomas Sterne Eliot)".

E' di nuovo il giorno prima di un esame. Questa volta, però, è la mia ultima settimana di esami. Non si dovrebbe mai dire "mai", ci insegnano i saggi; né bisognerebbe dire che è l'ultima volta che facciamo qualcosa, dal momento che nella vita la randomness è l'unica costante. Diciamo che esiste una probabilità molto vicina a 1 che questa sia l'ultima volta che farò degli esami all'università. 
Ieri sera avanti a panini, cinghialini, risate e birre, con alcune delle persone con cui ho praticamente quasi vissuto negli ultimi interminabili nove mesi, per un attimo, ho pensato che era passato esattamente un anno da quando avevo capito che la mia vita poteva prendere un'altra direzione. Chissà se è possibile capire il momento esatto in cui si accende la luce e vedi con chiarezza come stai vivendo. A me non è stata una luce, ma probabilmente il motore dell' ultimo bus notturno a due piani che mi riportava a casa.
Si potrebbe dire che sono brava a chiudere certi capitoli, ma quello che sto per chiudere è stato forse l'anno più importante della mia vita. Non so come mi sveglierò il 22 giugno. Non so se riuscirò a conservare i rapporti che ho costruito, eppure so fin troppo bene che ripartirò di nuovo da zero.
E' normale essere un pochino tristi? Come quando si sta per tornare da una vacanza, si rimette tutto in valigia e la valigia diventa sempre più piccola di quando si è partiti. Ci sono souvenir, fotografie e la memoria che cerca di recuperare ricordi e persone. 
Ci sono persone che mi hanno conosciuto da qui, dalla mia vita cambiata e non hanno nessun debito di riconoscenza per passate storie, nessun obbligo dato dal numero di anni trascorsi insieme. E forse quel giugno di un anno fa sarà sempre lo spartiacque tra il "prima" e il "dopo", tra quello che stavo per diventare e quello che voglio essere, tra le persone che volevo trattenere nella mia vita e quelle che invece mi scelgono e rimangono. Un giorno sì e l'altro no mi chiedo se le mie scelte nell'ultimo anno siano state quelle giuste per me. Ed ogni giorno la mia risposta è sempre la stessa: sì. Mi faccio questa domanda spesso non perché mi guardi indietro, ma per non dimenticare da dove sono arrivata, come stavo, cosa mi costringevo a sognare. Da quel giugno lì, ho avuto spesso quel guizzo di serenità nel pensare che mi trovavo nel posto giusto. Mentre nei venticinque anni precedenti mi ero sempre sentita fuori luogo, ovunque andassi, con chiunque stessi. 
Credo che le scuole siano finite, le persone al mio paese vanno a mare e lo vedo da Faccialibro, negli ultimi giorni sono uscita così presto la mattina da trovare i negozi chiusi e sono tornata a casa così tardi da ritrovarli ancora chiusi. E tutto questo, mi fa proprio strano dirlo, mi mancherà e so che non tornerà. Come so che non sarà un'estate semplice. Tuttavia è il duemilacredici, questo. Nessun passo indietro.

It happened today (Rem)


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Ma perché non funziona tutto come nei film? Perché gli estranei in metropolitana, invece che limitarsi a guardarti, non attaccano bottone dicendoti che hai un sorriso bellissimo? Perché dopo trent’anni, in un caffé del centro, non rincontri mai la persona per cui hai lottato? Perché le madri fanno fatica a capire i propri figli e i padri ad accettarli? Perché la frase giusta arriva sempre durante il momento sbagliato? Perché non ti capita mai di correre sotto la pioggia, di arrivare davanti al portone di qualcuno, farlo scendere, scusarti e iniziare a parlare a vanvera per poi trovarti labbra a labbra e sentirti dire: ‘non importa, l’importante è che sei qui’? Perché non vieni mai svegliato durante la notte da una voce al telefono che ti dice: ‘non ti ho mai dimenticato’? Se fossimo più coraggiosi, più irrazionali, più combattivi, più estrosi, più sicuri e se fossimo meno orgogliosi, meno vergognosi, meno fragili, sono sicura che non dovremmo pagare nessun biglietto del cinema per vedere persone che fanno e dicono ciò che non abbiamo il coraggio di esternare, per vedere persone che amano come noi non riusciamo, per vedere persone che ci rappresentano, per vedere persone che, fingendo, riescono ad essere più sincere di noi.

(David Grossman - Qualcuno con cui correre)