Archive for May 2014


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"...Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita..
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori, però posso ascoltarli e dividerli con te.
Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro, però quando serve starò vicino a te.
Non posso evitarti di precipitare, solamente posso offrirti la mia mano perché ti sostenga.
La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei,però gioisco sinceramente quando ti vedo felice.
Non giudico le decisioni che prendi nella vita
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi..
Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti,
Però posso offrirti lo spazio necessario per crescere.
Non posso evitare la tua sofferenza, quando qualche pena ti tocca il cuore
Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo..."
-Jorge Luis Borges-


Rootless tree


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Stasera si è finiti a parlare con due ragazzi del Nord Italia della mia città. Ho fatto vedere foto su Instagram di meraviglie di cibo e paesaggi e vita cheap da respirare a pieni polmoni. Più ne parli e più ti viene nostalgia, anche se poi non è una vera è propria nostalgia, è più una specie di amarezza figlia dell'impossibilità di poter vivere in una città che ti ha regalato migliaia di ricordi e che ti toglie ogni volta il fiato, ma ti fa anche paura e ti ha insegnato a guardarti le spalle e ad affrontare ogni giorno pronta ad ogni evenienza. 
Magari è colpa della mia natura mista, cresciuta in paese, grande nella città, trasferita in una metropoli. Famiglia è il paese, casa è la città, presente e prossimo futuro è la metropoli. Radici in nessun luogo.

Man of the hour


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Ieri me ne sono andata da casa convinta di aver rotto la doccia. La lavatrice era invece chiusa con lo stesso bucato da due giorni. Ho lasciato messaggi per i miei coinquilini che hanno orari da fuso  neozelandese. Ho deciso di fuggirmene perche' mi scocciavo dover avvisarli tutti. Ieri c'era il sole e sembrava primavera inoltrata. Ho messo i sandali e mi sono resa conto che e' la prima volta che li metto cosi' tardi, ma vivo anche ad un'altra latitudine. Ho camminato e preso il sole, parecchio, a dire il vero, e oggi ho una vistosa scottatura da maglietta. Ho passato la giornata in ottima compagnia, senza pensare troppo, senza lavorare, senza curarmi di niente, cucinando per belle persone. Ho fatto i conti con lo zeroventicinque c'e' nella mia vita e i conti vanno sempre con liabilities maggiori degli assets. In accounting, il balance sheet e' sempre in pareggio, c'e' un magheggio che fa in modo che, anche se le passivita' sono maggiori delle attivita', tutto si riequilibri. Se si leggono i due numeri alla fine del bilancio sono sempre esattamente identici, salvo poi rileggere tutte le voci e rendersi conto che c'e' un buco. Ed e' cosi' con zeroventicinque, una specie di pareggio fittizio, dove il buco e' sempre dalla sua parte e la correzione tocca sempre a me. 
Questo rientra un po' nell'essere expat. Il mondo in cui lavori diventa il tuo tempo libero, i colleghi diventano i tuoi amici, qualcuno la tua famiglia. E' un sistema abbastanza chiuso, perche' giri e ti trovi sempre tra le stesse persone e il sistema non e' necessariamente quello che sceglieresti come first best. 
Mia sorella ha trovato casa, nel mio paese, ed e' brutto non essere li'. E' brutto fare parte della vita di persone che poi tutto sommato non avresti mai scelto e non fare piu' parte della quotidianita' delle persone che ami.
Sono tornata a casa e c'era odore di erba, i miei flatmates inglese e irlandese avevano ospiti. La lavatrice era ancora ko e oggi portero' il mio bucato da un'amica. Fa ancora caldo, ho dormito male. E' lunedi'.


Imparare dal vento


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Sono andata a messa. Ci sono andata di proposito, perché so che questo mese sarà tosto, lavorerò molto, w/e compresi, e allora ho pensato che era il momento giusto. Ho cambiato chiesa, ho cambiato casa e deciso di "provarne" una diversa. Benché ce ne sia una cattolica piuttosto vicina, ho deciso di andare in una anglicana. La Church of England tiene molto al concetto di inclusione: chiunque tu sia verrai accorto con il sorriso e ci sarà una tazza di tea dopo la funzione. In tutte le chiese anglicane in cui sono stata ho sempre incontrato qualcuno che mi ha detto benvenuta, mi ha stretto la mano e mi ha invitato a restare. La chiesa in qui sono stata è intitolata a San Barnaba, che ho scoperto essere stato il primo vescovo di Milano. Per secoli, a Milano, festeggiavano la primavera il 13 giugno, giorno dell'arrivo del Santo. Io, prima di adesso, non ne sapevo niente. Il ministrante era un omone con le espansioni ad entrambi i lobi delle orecchie, il celebrante era sulla sedia a rotelle, che si muoveva a motore e si alzava e abbassava. Il parroco aveva delle adidas con i lacci giallo fluo e un tatuaggio sul braccio.  Non eravamo in molti, per essere la celebrazione domenicale, ma ho avvertito una bella sensazione di familiarità. Il crocifisso sull'altare era uno di "San Damiano" e la cosa mi ha colpita non molto. La predica l'ha tenuta un sacerdote che dopo dieci anni lasciava la parrocchia. Parlava piano e scandiva molto bene le parole, non è stato difficile seguirlo. Ha parlato del cambiamento e ha ripetuto spesso "change, change, change". Tutto è cambiamento nella nostra vita, a volte atteso e altre volte inaspettato. Ho passato la giornata gironzolando, anche se il tempo non era molto bello, ho avuto bisogno di nuovo del cappello e dopo un po' il vento mi ha stancata. 



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Cose che avrei scritto io se non fossi troppo pigra per scrivere, ma che per fortuna qualcuno ha scritto meglio.

“Tu la devi smettere di innamorati di dei cretini!” Dice Giulia, guardandomi con lo sguardo che sa fare lei, dopo che le ho confidato l’ennesimo disastro amoroso.
E inizia la sua consueta predica da amica del cuore, un po’ zia saggia un po’ sorella maggiore, che elenca le mie molte virtù e gli infiniti motivi per cui dovrei cercare qualcosa di meglio di quelli per cui solitamente perdo la testa, e poi enumera con meticolosa pignoleria tutto ciò di cui dovrei tenere conto per scegliere il fortunato cui donare il cuore, ed il resto.
E io la ascolto, perché so che lo fa per il mio bene, ed ammiro questa sua incrollabile fede nel fatto che si possa programmare di innamorarsi di qualcuno come si programma il decoder per registrare un serial tv, o si possa scegliere un uomo come si sceglie la pizza da ordinare, elencando una serie di caratteristiche e di ingredienti necessari perché ci piaccia, e se non le ha, via, scartarlo subito, o restituirli al fattorino in quanto fallato ed inutilizzabile.
E invece non è così, e Giulia stessa lo sa bene, perché anche lei è donna, e tutti siamo esseri umani, e quindi ci rendiamo conto che la cosa non funziona così.
Ci innamoriamo di chi ci innamoriamo. Per motivi che non sappiamo neanche noi, o che forse sappiamo anche troppo bene. Ci innamoriamo di due labbra imbronciate, di un modo di corrugare le sopracciglia. Ci innamoriamo di cose che vediamo solo noi, e alle volte di cose che nemmeno abbiamo mai visto, ma siamo convintissime, certe che da qualche parte ci siano. Ci innamoriamo di un modo di parlare, di muovere le mani, di profondità intuite o di manifeste cretinaggini, di fascini che percepiamo unicamente noi nell’universo intero, di bellezze dubbie e dubitabilissime, di insulsaggini banali che a noi appaiono, per misteriosi cortocircuiti del nostro io, genialità non comprese. Ci innamoriamo di chi ci fa piangere, di chi ci fa ridere, di chi non ci guarda neppure. Ci innamoriamo degli uomini sbagliati perché in quel momento preciso ci sembrano gli unici giusti, o gli unici possibili, o chissà che. Ci innamoriamo alle volte da sole e per puro bisogno di innamorarci.
Sarebbe così bello se ci fosse un bottone, da qualche parte nella nostra anima, che fosse una specie di on/off. Sarebbe bello bastasse schiacciarlo, decidere se sì o se no, ed attivarlo solo quando la circostanza è giusta e la persona pure. Ma non è così, perché il cuore parte per motivi tutti i suoi e con i tempi che più gli aggradano, e noi non possiamo farci nulla perché non ci ragioni con il cuore, anche perché, se ci si riuscisse a ragionare, sarebbe un cervello.
E magari è questo che ci piace dell’innamorarsi, questo perdere il controllo e non averlo affatto, questo essere in balia di qualcosa che siamo noi, in fondo, ma non ci appartiene; questo sentirsi trascinare fuori dal bozzolo che ci siamo costruiti per essere tranquilli, e probabilmente è per questo che ci sembra, alla lunga, una prigione.
Ci innamoriamo perché abbiamo bisogno di vita. E, come spesso capita, scopriamo poi che anche la vita è nient’altro che un’illusione."

da "http://ilnuovomondodigalatea.wordpress.com/2014/05/08/innamorarsi/"