Archive for July 2013

"Le fabuleux destin d'Amélie Poulain"


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"Il Favoloso mondo di Amélie" è un film del 2001. Nel 2001 stavo al ginnasio e avevo 15 anni. 
E' diventato una specie di film cult per indie e sicuramente migliaia di ragazze hanno sognato la pelle diafana della Tautou che aveva pure sdoganato un taglio di capelli imbarazzante per l'80% della popolazione femminile. I capelli corti sono una scelta coraggiosa, dalle mie parti non si vedono altro che chiome lunghe, fluenti e vigorose. Tuttavia io ho sempre portato i capelli corti e forse l'invidia mi fa scrivere.
Dopo il film si è scoperto il piacere di infilare le mani nei sacchi dei legumi e ancora si vedono foto di profilo della piccola Amélie che mangia le more sulle dita. Perché Amélie è proprio indie, da bambina fotografa le nuvole a forma di animali, vive in un mondo suo, è introversa, osserva i particolari, è semplice. "Non ci sono uomini nella vita di Amélie. Ci ha provato un paio di volte, ma il risultato non è stato all'altezza delle sue aspettative." 
Amélie Poulain è andata di moda e se vuoi essere un'alternativa non puoi non inserire il suo film nella lista dei tuoi preferiti, perché è così carino, colorato e così francese ed Amélie fa rimbalzare i sassi nella Senna.

Quando ho visto questo film, per la prima volta, non ero fidanzata. Vado per un'idea, perché non ricordo l'anno esatto in cui l'ho visto. Ero sicuramente ancora lungi dall'esserlo, come ero lungi dall'essere una persona ben definita e vagavo in un limbo di incertezza e desiderio di affermazione. Non di fama, ma semplice accettazione tra simili. Avevo visto questo film e avevo pensato che io ed Amélie avevamo molte cose in comune. A me piaceva giocare con le noci nei sacchi, ho sempre guardato il cielo per indovinare le forme e sono sempre stata attenta ai particolari, soprattutto osservando le persone. Sono sempre stata affetta da una grave forma di empatia, che ho curato con un pizzico di cinismo, col sarcasmo e con la distanza dalle umane disperazioni. Ho sempre avuto un mondo mio in cui stare, una specie di posto in cui chiudersi quando il mare si agitava o l'aria mancava, o semplicemente era il posto dove ero protagonista. E ho condiviso per tanto tempo un suo pensiero: "Il mondo esterno appare così morto che Amélie preferisce sognare una sua vita in attesa di avere l'età per andarsene".

Amélie non è indie, non è nemmeno alternativa, è sicuramente bella, ma non c'è niente da invidiarle. Amélie è una persona sola, curiosa, intelligente e sola. E' circondata da tanta solitudine e tristezza e da persone che hanno parecchie questioni irrisolte, per quanto cerchi di far credere loro che i miracoli esistano. Certamente alla fine le cose si mettono bene per lei ed è questo che forse ha fatto sognare tante ragazze: l'idea che ci sia una versione di noi altrettanto stramba da qualche parte.

Ho rivisto questo film, di cui non ricordavo più molte scene e personaggi, e mi sono goduta ogni singola nota della meravigliosa colonna sonora di Yann Tiersen. Amélie è piaciuta a tutti, tanti l'hanno adorata e tante si sono sentite lei, ma chissà quanta gente si è accorto di avere attorno qualcuno che è come lei e le hanno aperto una porta. 
Il mio primo blog, per un periodo, aveva questa canzone come musica di sottofondo. Se su di lei avevano fatto un film, allora io non avevo niente di strano.



My favourite game


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In principio fu Windows Messenger, MSN per gli amici, e i blog che dava la possibilità di aprire. Era il 2005 e venivo fuori da un'estate lunga e anche abbastanza difficile. Dopo un annetto le limitazioni della piattaforma mi fecero migrare verso Splinder e lì sono rimasta per parecchio. Avevo salvato i post sul Live Blog, ma non ricordo più né password, né come si faceva a recuperarli, intanto anche MSN è andato in pensione. Su Splinder avevo lettori e leggevo parecchi blog, fin quando ho smesso di scrivere con assiduità. Sapevo chi leggeva il mio blog e se si spezza la protezione dell'anonimato finisce sempre che ogni post venga filtrato e non sia più così "sincero". Ho avuto una breve parentesi su Wordpress, in un momento in cui c'era del malessere difficilmente condivisibile e l'unica soluzione mi sembrava lamentarsi in codice binario senza che nessuno lo sapesse. Qui su Blogspot ci sono arrivata per l'Università e si può leggere dal primo post.
Tutto questo perché da quando Splinder ha chiuso ho fatto migrare il vecchio blog sulla piattaforma di Iobloggo e adesso non riesco più ad accedervi. Anche ricordando le password, mi dà che sono incorrette e la procedura di recupero non mi invia la mail.
Fa uno strano effetto perché lì ci sono circa 5 anni di post. Già molti link erano andati persi nel passaggio e chissà se adesso riesco a recuperare tutto. 
Pensavo mi sarebbe dispiaciuto di più.

The Circle is closed beginning to end...


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I've just came back from a friend of mine's graduation. She is the first person I met during my first official day at university, in October 2005. I was walking quite fast behind her, I was sure I was late because of the trains, but looking at her I thought "ok, I'm not the last one to enter". We took a seat in the same line and after a while we started talking and we found out we were from the same place.
The following two years we spent a lot of time together, we talked about everything, our families, our cumbersome grandmothers, our tastes. We had our long and tiring trips together. We befriended. Then our academic careers diverged and I finished my bachelor, master and II level master, while she was challenging each exam and it was not easy for her. I gave her all my notes and we kept on touch even if not so often. She missed both my graduations, but I've always known she was there for me. Today she got graduated and I was there. I was in the same place I started all this long path that on 14th September will lead me to teach in London. I met people, some  old professors, and I spent the afternoon in the same Aula Magna where I earned my bachelor. It was quite wierd, old stories, gone back to the beginning, new life is just getting started anew.


Sun-dried


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Sono nata in un posto di mare, dove generazioni di persone lavorano sull'acqua salata e generazioni di persone vivono tutta l'estate alla spiaggia. Io odio andare alla spiaggia. Non capisco cosa ci sia di rilassante nel trovarsi in mutande (perché è inutile che facciamo i fighi, il costume, talvolta, è persino meno coprente dalla mutanda media) avanti alla gente, spiaccicati a terra sperando che la melanina si metta in circolo, con la sabbia che si infila in intercapedini sconosciute e i sassi che distruggono i piedi troppo piccoli per avere il sufficiente appoggio. E poi è inevitabile sudare. Io sudo la testa (eredità del babbo) sin da bambina e anche se ho la fortuna di non puzzare è comunque fastidioso. La soluzione sarebbe stare in acqua, ma il mare non è sempre pulito e stare a riva in piedi e a subirsi duecento bambini in tre metri di perimetro è un'impresa per niente rilassante. La mia resistenza al sole tra un bagno e l'altro è di 15 minuti, con libro, musica e tutto quello che può distrarmi. Anche se sono in compagnia, non è piacevole condividere le cose della mia vita con la signora sulla sdraio che ti ascolta amabilmente. O come oggi, che ho incontrato un amico che non vedevo da tempo e i tre ragazzi vicino la mia asciugamano adesso conoscono tutti i miei programmi futuri. La morale della favola è che scendo alla spiaggia molto presto, intorno alle 9, e risalgo intorno alle 12. La mia pelle comunque si rifiuta di abbronzarsi, quindi non vedo perché dovrei insistere. E, soprattutto, dalle 11 la gente aumenta e lo spazio vitale diminuisce.

Non credo che avrò problemi a vivere in un posto dove la spiaggia non è l'hobby estivo per eccellenza.

Ho un biglietto di sola andata per Londra. Per la prima volta ho guidato la macchina da sola.  Se 14 mesi fa mi avessero detto cosa avrei fatto oggi, non ci avrei creduto nemmeno per tutto l'oro del mondo.

Date da ricordare


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Queen Mary University of London

Safety clearance...


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La prima cosa che ho notato una volta arrivata al gate, un anno fa,  fu la macchina della Polizia e allora pensai, che sì, l'aereo mi aveva riportato in patria. E al controllo dei documenti stavo per dire: "Sono italiana, dude, dammi il cinque".

Ieri sono tornata in un posto dove non andavo da parecchio. Veramente non so più da quando, anche se ci ho passato così tanto tempo da conoscerne ogni centimetro quadrato. E' un posto che ho visto crescere e cambiare, essere attraversato da persone, storie, confidenze, ricordi, lacrime, giochi, baci, balli, risate, serate passate a guardare il cielo troppo illuminato. Ci sono arrivata da sola, mi sono persino data una sistemata, perché è il finito il periodo in cui esco di casa esattamente come sono in casa, ed è stato baci e abbracci e cosa stai facendo, ma allora sei tornata, che effetto ti fa essere ritornata, etc. Tutto sommato è stata una bella serata e per la prima volta dopo parecchi anni non avevo quella punta di nausea vedendo certe persone. Ho passato più tempo ad avvertire questa fastidiosa sensazione che a sentirmi completamente a mio agio lì. 

Nell'ultima puntata di Nurse Jackie, un paziente terminale dice alla protagonista che "la Chiesa non ti lascia mai" e non nel senso che è sempre al tuo fianco nel momento del bisogno, ma piuttosto che fa parte di te ed entra così nella tua testa che chiunque tu un giorno sarai, dovrai fare i conti con questa piccola parte di te lasciata in eredità. E' una sorta di tatuaggio indelebile, che magari ti hanno fatto o hai persino deciso di farti tu consapevolmente, di quelli che tieni in un posto nascosto e ne provi sempre un po' vergogna a mostrarlo.
A prescindere da ciò in cui credi, aver fatto parte di una comunità ti renderà in qualche modo affetto da una specie di sindrome di Stoccolma, senza riuscire a fare a meno di qualcosa che ti danneggia e che ha il potere di distruggere il tuo equilibrio mentale.

Io il filo l'avevo tagliato tempo fa, ma il processo di guarigione è lento e per niente semplice. Chi sono oggi viene fuori pure da quello che ho vissuto, ma quello che vivo oggi è assolutamente indipendente da ciò che accade ora lì, anche se coinvolge persone che sono tuttora importanti per me. La distanza di sicurezza, fisica e temporale, che ho messo da quel posto e quello che rappresentava per me ha richiesto grande e fatica, però ha funzionato.


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I'm waiting for answers. My life could completely change or not. Since I would love to, I've just change the templete, wishing myself Good luck.

"Favours", perché fa sempre più figo in inglese...


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... ma non è altro che la classica bomboniera...

Mi sono accorta di aver messo da parte già un numero considerevole di bomboniere. Matrimoni, lauree, nascite, insomma le solite cose. Ho una cassapanca dove dovrei conservare ciò che un giorno potrebbero servirmi. No, non la biancheria da corredo ché in quella non ci ho mai creduto. Ci sono anche le pagelle, i diplomi, i documenti, i miei denti da latte e altre cose conservate dal passato. Ho tirato fuori alcune bomboniere e ho avuto un po' di difficoltà a ricondurle all'evento a cui facevano riferimento. E questo è un male, visto che la bomboniera è il "ricordino" per eccellenza. Ho rimesso tutto a posto e ho pensato che forse una cristalliera non l'avrò mai, nemmeno una vetrinetta dove riporre questi simboli di chissaàchecosa in un'accozzaglia di stili e veletti. Le cristalliere sono tristi, come lo sono le mensolette di ninnoli che non avrei mai voglia di spolverare o i tavolini rotondi con la tovaglia di broccato e la piccola argenteria in bella mostra. Il problema è che non vai alla cerimonia, ricevi il tuo cadeaux e poi lo scarichi con i resti del pranzo da dodici portate. Pare brutto. Così finiscono da qualche parte fin quando non passa un numero sufficiente di anni a garantire la "gettabilità" e allora si regalano alle pesche di beneficenza (però che rabbia quando col numero estratto riporti a casa la bomboniera di un altro) oppure finiscono... Già, dove finiscono? Perché magari c'è il pezzo d'argento, la carrozza da principessa di cristallo, l'elicottero che sembra una balena, il porta-profumo giallo limone e quelli non puoi mica metterli nel sacco nero, però c'è pure la paletta per tagliare i dolci in madreperla che è deliziosa e quasi la userei. 
Ho sempre conservato molte cose, per ricordo, anche se ormai quasi mi fa paura riaprire certe scatole, e se poi non ricordo? oppure preferisco evitare quella leggera sensazione di imbarazzo che si ha nell' imbattersi in fasi passate della propria vita. Fotografare è meglio, semmai volessi stampare qualche foto occuperebbero poco spazio. E se la mia casa fosse troppo piccola per metterci una cassapanca? Queste cose comunque non verranno con me, ovunque andrò. Quello che ho imparato, nelle innumerevoli valigie che ho fatto, è che puoi trovare sempre solo un piccolo spazio per qualcosa di vecchio, ma devi lasciarne molto di più per qualcosa di nuovo.

Il giorno prima della felicità...


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Ho appena scoperto di riuscire a sostenere telefonicamente un colloquio senza grandi drammi. Io odio parlare a telefono e ho sempre odiato farlo con gli sconosciuti. Fino a quando ero nel recinto universitario tutto sommato le uniche decisioni che dovevo prendere erano riguardo esami ed organizzazione dello studio. Oggi devo scegliere cosa mi piacerebbe fare, dove voglio vivere, quale colloquio fare, dovrei essere "choosy". Ho paura che adesso ho un paio di offerte e poi non verranno più. Perché l'unica offerta che mi piace è anche la più delicata, la più complessa.  Mi sento con nel gioco della pignatta. Sono bendata e ho una mazza in mano e devo colpire un fantoccio pieno di caramelle. Ho anche un solo tentativo. Just one shot. 

C'eravamo abbastanza amati...


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C'eravamo abbastanza amati 
poi siamo volati su dei campi di grano rettangolari 
non pensarmi non pensarmi 
mi dicevi mentre atterravi 
tra i tuoi capelli dei fiori di camomilla 
dei fiori diventavano rossi 
i tuoi 23 anni i miei 26 anni 
alla radio hanno detto che i nostri corpi hanno 
causato solo alcuni rallentamenti i tuoi 23 anni i miei 26 anni 

mi hai detto solo così solo con queste esplosioni possiamo creare quei soli 
che si vedono di notte in nord Europa 
ma non c'ho mai capito un cazzo dei tuoi discorsi 
un anno prima sul litorale con le stelle bianche e il bar chiusi perché non lasciavano dormire 
il ritmico piovere e noi due attaccati a una parete per ripararci. 
Con questo tempo è meglio non prendere gli ascensori, 
in questi periodi neri spettacolari 

e per scaldarci non ci basteranno le nostre mani, con gli occhi azzurri sempre più chiari almeno alla fine c'erano dei bellissimi cieli autunnali 

quando ti ho dato tre fazzoletti di carta per pulirti la bocca 
quando l'ultima volta ti ho chiamata, non ti sei neanche girata, eri così seria. 
Eri già volata, eri nella stratosfera. 
Era per amore o per un'emorragia interna. 
Mi dicevi pensa quando sulla superficie terrestre resteranno soltanto dei sacchetti di plastica svolazzanti, dei libri fotografici. 

se solo anche tu fossi stata di plastica o di un altro materiale stabile non degradabile. 

guarda com'è lunga questa eclissi. chiamami anche sul tardi. 
con questo tempo è meglio non tenersi troppo lontani, 
in questi periodi neri spettacolari 

c'eravamo abbastanza amati 
poi siamo volati su dei campi di grano rettangolari 
non pensarmi non pensarmi 
mi dicevi mentre atterravi 
tra i tuoi capelli dei fiori di camomilla 
dei fiori diventavano rossi 
i tuoi 23 anni i miei 26 anni 
alla radio hanno detto che i nostri corpi hanno causato solo alcuni rallentamenti i tuoi 23 anni i miei 26 anni 

mi hai detto solo così solo con queste esplosioni possiamo creare quei soli 
che si vedono di notte in nord Europa 
ma non c'ho mai capito un cazzo dei tuoi discorsi.

(Le luci della centrale elettrica)