Sun-dried


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Sono nata in un posto di mare, dove generazioni di persone lavorano sull'acqua salata e generazioni di persone vivono tutta l'estate alla spiaggia. Io odio andare alla spiaggia. Non capisco cosa ci sia di rilassante nel trovarsi in mutande (perché è inutile che facciamo i fighi, il costume, talvolta, è persino meno coprente dalla mutanda media) avanti alla gente, spiaccicati a terra sperando che la melanina si metta in circolo, con la sabbia che si infila in intercapedini sconosciute e i sassi che distruggono i piedi troppo piccoli per avere il sufficiente appoggio. E poi è inevitabile sudare. Io sudo la testa (eredità del babbo) sin da bambina e anche se ho la fortuna di non puzzare è comunque fastidioso. La soluzione sarebbe stare in acqua, ma il mare non è sempre pulito e stare a riva in piedi e a subirsi duecento bambini in tre metri di perimetro è un'impresa per niente rilassante. La mia resistenza al sole tra un bagno e l'altro è di 15 minuti, con libro, musica e tutto quello che può distrarmi. Anche se sono in compagnia, non è piacevole condividere le cose della mia vita con la signora sulla sdraio che ti ascolta amabilmente. O come oggi, che ho incontrato un amico che non vedevo da tempo e i tre ragazzi vicino la mia asciugamano adesso conoscono tutti i miei programmi futuri. La morale della favola è che scendo alla spiaggia molto presto, intorno alle 9, e risalgo intorno alle 12. La mia pelle comunque si rifiuta di abbronzarsi, quindi non vedo perché dovrei insistere. E, soprattutto, dalle 11 la gente aumenta e lo spazio vitale diminuisce.

Non credo che avrò problemi a vivere in un posto dove la spiaggia non è l'hobby estivo per eccellenza.

Ho un biglietto di sola andata per Londra. Per la prima volta ho guidato la macchina da sola.  Se 14 mesi fa mi avessero detto cosa avrei fatto oggi, non ci avrei creduto nemmeno per tutto l'oro del mondo.